Rurability

Un sentito addio

Via Mascagni

Era una sera calda e umida. Il frinire dei grilli nei terreni incolti oltre la strada sembrava riecheggiare nel vuoto dentro al suo stomaco. Un tempo, a quanto sapeva, al posto di erbacce e cespugli c’erano dei mandorleti. Eppure, da quando suo nonno se n’era andato, il pensiero dei petali bianchi che coprivano il suolo e degli uccellini che cinguettavano solo qualche anno prima aveva lasciato spazio all’immedesimazione in quello spazio ormai lugubre. Era come se una parte dell’infanzia l’avesse lasciato in balia di un dolore che inzaccherava il suo spirito e sembrava quasi togliergli il respiro.

Quell’uomo dolce e gentile era sempre stato il suo migliore amico, mentore e pilastro. Se solo fosse stato grande, sarebbe stato uno scienziato e sarebbe riuscito a trovare una cura, pensava, o almeno a tenere lontana la scura signora per qualche anno, per qualche mese, o anche solo per qualche giorno in più; ma era solo un bambino, un bambino piccolo e inutile che non aveva potuto far altro che starlo a guardare mentre la malattia lo consumava nella prigionia del suo letto. 

Era una bella sera, di quelle in cui la gente usciva per strada e il vicinato si riuniva a godere della tanto sospirata brezza notturna dopo una giornata di sole cocente. A lui era sempre piaciuto stare in mezzo a loro, ma ora gli mancava quella voce che da sola riusciva a farlo viaggiare per tempi e luoghi magici e misteriosi, che ormai erano ombre sbiadite in un angolo della sua mente. Non aveva mai assaggiato un boccone così amaro, né aveva mai pensato che il suo mondo potesse sbriciolarsi così sotto i suoi piedi, mentre il fiume infame del tempo gli strappava quanto di più caro avesse mai avuto. 

Mentre gli altri bambini del vicinato giocavano, lui rimase seduto vicino ai suoi genitori, in preda alla malinconia e incapace di sentire alcuno stimolo verso la vita. Sentiva gli adulti ridere e scherzare mentre qualcuno raccontava delle idee e imprese un po’ strampalate di un compaesano, ma quelle voci rimbalzavano sulla campana di vetro che lo separava dal mondo dei vivi, pur non permettendogli alcun contatto con quello dei morti.

Pensava e ripensava ai momenti belli passati col suo adorato nonno, ma soprattutto a tutti quei piccoli rituali che ormai erano stati interrotti, a tutte quelle cose che avevano pensato di fare insieme, a tutto ciò che quel vecchio saggio gli avrebbe potuto insegnare e a tutte quelle volte che in futuro avrebbe avuto bisogno del suo consiglio e non gli sarebbe stato possibile averlo. Il suo sguardo era perso nel cielo, senza luna e stellato nonostante la fioca luce dei lampioni.

Desiderò con tutto sé stesso di poterci parlare, fosse solo un’altra volta, o almeno mandargli un saluto ed essere sicuro che lui l’avrebbe ricevuto. Fu allora che una stella cadente disegnò una striscia bianca sul manto nero del cielo, accompagnando la lacrima che solcò la sua guancia.  – Addio nonnino! – sospirò abbozzando finalmente un sorriso amaro.

Questo racconto è accessibile nel formato “Comunicazione Aumentativa e Alternativa” e Braille
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AN HEARTFELT GOOD-BYE

It was a hot and humid evening. The chirping of crickets in the uncultivated grounds beyond the road seemed to echo in his empty stomach. Time ago there used to be almond trees instead of weeds and bushes. Since his grandfather left, the thought of the white petals covering the ground and the birds sound only a few years earlier had left space for gloomy space identification. It was as if a part of his childhood had left him at the mercy of a pain that got muddy his spirit, it almost seemed to take his breath away. That sweet, kind man were always his best friend, mentor and pillar. If only he had been great, he would have been a scientist and could have found a cure, he thought, or at least kept the dark lady away for a few years, few months, or even just a few more days. He was just a child, a small and useless child who had no choice, he watched him while the disease consumed him in the captivity of his bed.

It was a beautiful evening, one in which people went out on the street, the neighbourhood gathered to enjoy the long-awaited night breeze after a day of burning sun. He had always liked to be among them, but now he missed that voice, which alone could make him travel through magical, mysterious times and places, which now were faded shadows in a corner of his mind. He had never tasted such a bitter morsel, he neither ever thought that his world could crumble so fast under his feet, while the infamous river of time snatched him everything he had ever loved.

While the other children in the neighbourhood were playing, he remained sit next to his parents, melancholy and unable to feel any stimulus to life. He heard the adults laughing and joking, someone talk about strange ideas and ventures of a friends, but those voices bounced on the bell that separated him from the living world, he was not allowed to contact with the dead one. He thought back to the good times he had spent with his beloved grandfather, but especially to all those little rituals that are now interrupted. To all those things that they had though to do together, to everything that the old wise could teach him and to all those times that in the future he would need his advice and he would not be able to have it. His eyes were lost in the sky, without moon and starry despite the little light of the streetlights. He wished with all his heart that he could speak to him, only one more time, or at least send him his greeting. He wanted to be sure that he would receive it. It was then that a falling star drew a white stripe on the black mantle of the sky, accompanying the tear that crossed his cheek.

– Goodbye, Grandpa! – he heaved a sigh and finally sketch a bitter smile.

Racconto di Giacomo Littera (Concorso "Un racconto per RurAbility")
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