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Strane presenze in casa

Il 1° novembre 1952, al rientro dal viaggio di nozze, mi trasferii a Gonnosfanadiga nella casa di mio marito Pietro, dove vivo tutt’oggi. Mio marito lavorava in campagna e rientrava in paese solo una volta alla settimana, pertanto, venivano a farmi compagnia dei parenti.

Fin da subito sentii dei rumori all’interno della casa. Una notte ero con mia cognata e anche lei mi svegliò urlando spaventata:<<presto, presto, alziamoci, c’è qualcuno>>. Anch’io avevo sentito i colpi sulla porta ma, accesa la luce, non vidi nessuno. Alcune notti sembrava che qualcuno rovesciasse delle pietre ai piedi del letto, altre si sentivano dei versi animali o rumori di catene.

In un’occasione venne a farmi visita mia madre e per un lungo periodo evitò di tornare senza dirmi il motivo; solo tempo dopo mi confidò che, in mia assenza, aveva sentito il sibilo di un serpente vicino al camino. Anche mio fratello, durante qualche visita ebbe modo di sentire queste presenze, mentre mio cugino che, spesso veniva a farmi compagnia, non aveva sentito alcunché.

Esasperata, ne parlai con la vicina pensando che i rumori provenissero da casa sua ma lei negò e mi disse che in passato in questa casa aveva abitato anche una signora non vedente e che, anche lei, si era lamentata degli stessi rumori ma la figlia non aveva mai avvertito nulla. La mia vicina, poi, mi raccontò che, nella stanza dove veniva riposta la paglia, era stato visto un cane che girava con una candela sopra la schiena; io non lo dissi a nessuno ma, poco tempo dopo, una ragazza che lavorava in casa corse a chiedermi aiuto poiché mentre era in cortile, dove avevamo le galline, le era apparso un cane con una candela sopra la schiena.

Dopo tutti questi episodi, terrorizzata decisi di andare a parlarne con un sacerdote, il quale fece una messa; successivamente venne a trovarmi e quando mi chiese se avessi sentito ancora delle presenze gli dissi che finalmente non c’era più stato alcun episodio.

Solo dopo appresi che nella mia casa vagava lo spirito di una donna che non si dava pace. Mio marito infatti aveva ereditato l’abitazione dal padre il quale l’aveva ereditata dalla prima moglie. Nella casa aveva abitato la madre di questa ragazza che aveva riposto in un armadietto dei marenghi d’oro nascosti in un sacchetto. L’anziana donna viveva allora con una badante alla quale, poco prima di morire, chiese più volte di mandare a chiamare il genero. Quest’ultima si impadronì dei marenghi d’oro e non chiamò il padre di mio marito; verosimilmente quest’azione comportò la dannazione della badante che, dopo la morte, continuò ad aggirarsi per anni nella nostra casa fino all’intervento del sacerdote che le consentì di trovare pace.

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Testimonianza di Augusta Altea (anni rif.1952-1970)
Testimonianza di Augusta Altea (anni rif.1952-1970)