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San Giovanni dei fiori

Nella notte tra il 23 ed il 24 di Giugno succede qualcosa. Un profumo di fiori ed erbe si sprigiona dai cortili. Oggi, più che nel passato recente, questa usanza è stata ripresa. Su Facebook e negli stati personali di Whatsapp, nel giorno di San Giovanni, appaiono numerosissime “àcuas de is fragus”. 

Durante il pomeriggio del 23 si va alla ricerca delle cosiddette “erbe di San Giovanni”. Nonna mi raccontava che se ne dovevano raccogliere ventiquattro diverse, tutte profumate e con particolari caratteristiche benefiche per la pelle. Nell’ora del tramonto, si immergevano in un contenitore riempito d’acqua e si lasciavano riposare per tutta la notte, perché rilasciassero le fragranze. L’acqua dei profumi si “sigillava” con un segno della croce e con qualche parola di preghiera.

La mattina seguente, ancora una volta, la mano si muoveva a formare una croce sulla superficie dell’acqua. Ricordo le mani nodose di nonna mentre, leggermente piegata sul contenitore, sussurrava e sorrideva, pronta per il rituale. Lavarsi il viso, le braccia con quell’acqua fresca e profumata dava la sensazione di essere parte di un miracolo insieme spirituale e terreno.

Nel 2011 parlai ad una mia carissima amica di Teulada di quest’usanza, della possibilità di suggellare la nostra profonda amicizia di rispetto reciproco attraverso un rituale che lega le mani, che annoda fazzoletti o che, in altri luoghi, ti fa saltare il fuoco insieme all’altra persona, in una prova di coraggio e condivisione. 

Nonna raccontava che quando era giovane “Su Santuanni” si celebrava, spesso, durante la giornata di lavoro nei campi. Lo si faceva tra uomini, tra donne ma anche uomini e donne insieme. Solo che, in quest’ultimo caso, non ci si baciava, ci si stringeva la mano a rituale terminato. Diventare gomais o gopais de is froris acquisiva una forte importanza, dava alla relazione un significato solenne. In segno di rispetto, la sera, ci si salutava dicendo Ave Maria.

Nonna ci aveva raccontato tutto questo, nel 2011, quando ci aveva accolte a casa. In cortile aveva preparato l’acqua profumata. Per prima cosa ci lavammo. Poi passammo al rituale. Diventammo gomais de is froris nonna ed io. Avevamo unito i mignoli e recitato insieme:

Gomai, gomai,

fillas de Santu Giuanni,

fillas de Deus,

Gomais seus

fintzas a candu biveus.

Mentre ci scambiavamo un bacio, nonna mi aveva detto: A ddu connosci in su celu a Santu Giuanni, e io avevo risposto Deus bollat. Ci aveva spiegato che quando erano gli uomini a pronunciare la formula, oltre a sostituire gomais con gopais, le ultime due frasi erano: gopais seus, fintzas a candu no si morreus.

Il rituale fu ripetuto, dopo, tra me e la mia amica teuladina. Fu un momento di grande emozione, per noi di sicuro, ma soprattutto per nonna, che orgogliosamente ci aveva trasmesso una tradizione del suo tempo così preziosa, della quale avevamo, insieme, rinnovato e rafforzato il valore.

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Testimonianza di Sabrina Tomasi (anno rif. 2011)
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