Tra Dicembre 2018 e Dicembre 2019 ho svolto in paese il mio anno di Servizio Civile. Il progetto per il quale ero volontaria di Sardegna Solidale si intitolava “Youth help desk” e prevedeva attività di accoglienza presso il Sa.Sol point n. 13, con sede all’ex Centro Analisi e momenti di condivisione e collaborazione con due associazioni locali, “Io e Te Insieme” ed il Centro “Mario Sogus”, presieduto da Raffaele Sardu. La mia referente di Servizio Civile era Pinuccia Peddis.
Fin dal primo giorno sono stata accolta piacevolmente dagli operatori e dagli anziani del Centro “Mario Sogus”. È un centro di aggregazione dove gli anziani stanno in compagnia, giocano e chiacchierano. Ho passato lì dei bei pomeriggi. Mi sentivo la benvenuta, in un bell’ambiente, e qualche volta mi è capitato di giocare con loro a tombola e di ascoltare le loro chiacchiere e i racconti. Abbiamo scherzato tanto.
In alcune occasioni ho appuntato i loro racconti, spesso incentrati sulla loro gioventù o sul periodo della guerra. In accordo con Raffaele e Pinuccia, riporto di seguito le esperienze condivise.
Il racconto di B.
Prima di 5 figli, il padre era pastore e possedeva anche maiali.
La madre mieteva il grano nei campi del paese.
A B. l’asilo non piaceva: era una bimba abbastanza vispa e come punizione le suore la facevano rimanere nel sottoscala al buio. Quindi, la maggior parte delle volte, quando le porte erano aperte, lei scappava. La madre la riportava a scuola a suon di sculaccioni.
Il padre era solito mungere le pecore più sane e dare ai figli una fetta di pane con latte. Loro lo amavano e lo mangiavano con le mani.
Ai maiali davano da mangiare i fichi d’India che raccoglievano dalle piante con una scopa fatta di erbacce.
Il suo secondo fratello aveva un carattere molto ribelle e non gli piaceva andare a scuola, nonostante il padre cercasse di “correggerlo”.
B. frequentava la scuola media nel periodo della Seconda Guerra Mondiale e molto spesso i ragazzi non potevano andare a scuola a causa dei soldati presenti negli istituti. È riuscita comunque a ottenere il diploma delle scuole medie.
Cresciuta, iniziò a lavorare la terra nei campi del paese, a raccogliere fave e piselli e ad aiutare suo padre. Costruivano gli ovili con su murdegu e lei aiutava il padre ad uccidere gli agnelli e ad arrostirli.
A 19 anni conobbe un ragazzo di umili origini e la madre le suggerì di fidanzarsi con lui, in quanto pensava che, avendo sua figlia gli occhiali, nessun ragazzo benestante l’avrebbe mai voluta.
Lei passava le giornate a piangere, costretta a fidanzarsi, senza aver mai voluto bene a questo ragazzo, che si vestiva sempre con abiti rozzi e non le rivolgeva mai delle parole gentili.
Per confermare il fidanzamento la sua famiglia aveva invitato la futura suocera a casa loro, offrendole da mangiare. Lui nemmeno per quell’evento importante si era vestito bene. Aveva sempre dei pantaloni di fustagno, mentre B. era sempre elegante.
Quando B. vedeva come il fidanzato era vestito, provava vergogna e non si sentiva di presentarlo al paese come suo fidanzato perché lei teneva molto all’aspetto fisico e all’eleganza. Il giorno della festa dei tosatori avevano assegnato al fidanzato una piccola casa da pulire e riordinare, era una festa di gente benestante. A pulizie concluse, le persone che gli avevano dato l’incarico decisero di cambiare sede ed utilizzare una casa più grande per la festa. Lui ci rimase male per tutto il lavoro che aveva fatto, così non si presentò alla festa. B., che partecipava alla festa con il papà e la sorella, non prese bene il fatto che il fidanzato non si fosse presentato, così decise di non voler più stare insieme a lui e lo riferì a sua madre che, però, non fu d’accordo. Nonostante ciò, B. annullò il fidanzamento e restituì l’anello, la collana e lo scialle, i doni del fidanzamento, all’ormai non più suocera. B. e il ragazzo sono stati insieme per 2 anni e mezzo ma senza mai volersi bene.
Dopo ciò B. rimase nubile per 7 anni.
Cominciò a risparmiare i soldi che guadagnava andando ad aiutare delle signore, lavando i panni, pulendo la casa e facendo i piatti.
Un giorno partecipò a una scampagnata dove era presente una sua amica che le consigliò di prendere in gestione un negozio. Anche sotto consiglio di sua zia, avendo dei soldi da parte, B. decise di prendere in gestione una bottega in cui avrebbe venduto di tutto: alimenti, vestiario, fiaschetteria, cartoleria, ecc.
Durante la scampagnata aveva conosciuto anche un ragazzo, il vicino della casa in campagna di famiglia.
Il negozio andava molto bene e il ragazzo portava a B. le primizie dalla campagna. Con la buona parola di una conoscente i due si fidanzarono, nonostante il padre di lei pensasse che il negozio stesse andando bene e che lei non avrebbe avuto bisogno di un fidanzato.
Dopo due settimane dal fidanzamento lui rimase ferito alla mano durante una battuta di caccia. B. lo venne a sapere da suo cugino ed accorsero all’ospedale.
La suocera le disse di lasciare suo figlio ma B., che gli voleva molto bene, pensava che con il suo negozio potesse aiutare tutti.
In questi anni B. aveva imparato molte cose, tra le tante a lavorare su giuncu, il giunco che era utile per costruire i tetti delle case.
Dopo sei mesi, tempo di guarigione della mano del fidanzato, lui e B. si sposarono e lei ricevette in dono una collana e un anello.
Spostarono il negozio in una casa più grande che diventò poi la loro casa. Avendo a disposizione, in questa casa, una stanza molto capiente fecero lì il ricevimento.
Fecero il viaggio di nozze a Roma e incontrarono il Papa a San Pietro.
Un anno dopo il matrimonio nacque una figlia, successivamente ne ebbero un’altra figlia e due figli maschi.
Il negozio è durato per 30 anni. Quando B. non poteva occuparsene lo lasciava in mano a una signora.
B. ha avuto una bella vita matrimoniale e ora è vedova da 29 anni.