La chiesetta campestre di Santa Severa, di probabile origine bizantina, è l’unica ancora agibile e occasionalmente aperta al culto tra le tante che vennero costruite nel nostro territorio in passato.
A pochi passi da essa, durante i lavori per la realizzazione del nuovo acquedotto comunale, negli anni Cinquanta, vennero scoperte alcune tombe di una necropoli di periodo romano.
Nei pressi della strada sterrata che porta ad un guado del torrente Rio Piras, si trova una roccia in cui, secondo un’antica leggenda locale, sono impresse le orme della Santa discesa dal cielo, del suo cane, del suo cavallo e una traccia della sua catena.
Secondo uno studio del 2000 (G. Cavallo), l’impianto originario della struttura risalirebbe alla seconda metà del VII secolo. Secondo l’ipotesi, la chiesa era inizialmente a croce greca, con i quattro bracci uguali e ha subito, nel corso della sua esistenza, vari interventi e modifiche, fino ad arrivare all’attuale pianta a croce latina.
Nella seconda metà del ‘700 la chiesa era decadente. L’editto del Mons. Pilo aveva previsto l’abbattimento di tutte le chiese campestri in stato di abbandono, poiché divenute rifugi di banditi e falsari. La popolazione gonnese, molto devota a Santa Severa, si adoperò affinché fosse adeguatamente restaurata, salvaguardando anche la celebrazione della sua festa.
Nella seconda metà dell’800 e fino ai primi del’900, le celebrazioni religiose in onore della Santa avvenivano addirittura 3 volte l’anno: la festa principale era il Lunedì dell’Angelo, poi a luglio e a novembre.
Secondo una leggenda, il più antico simulacro ligneo della Santa non poteva essere spostato dalla sua nicchia sull’altare, in quanto ciò avrebbe causato piogge e alluvioni. Per tale compito, fino al 1938, veniva utilizzata un’altra statua, custodita tuttora nella chiesa di Santa Barbara. Le parrucche, le vesti e i suoi ornamenti erano custoditi, durante il resto dell’anno, nella casa della famiglia del notaio Francesco Porru – quella che oggi i gonnesi conoscono come “Popoli fratelli” – in via Fontana. Dal 1938, in processione venne utilizzato un nuovo simulacro, custodito nella Chiesa del Sacro Cuore, donato dal signor Buzzo, allora titolare dei permessi minerari di Perda de Pibera.
L’altare fu affrescato nella seconda metà dell’800 con scene del martirio, e restaurato nel 2006, così come la scultura.
La festa de Santa Sera era l’occasione, fino a qualche decennio fa, po’ bogai sa coja a craru: i fidanzatini dichiaravano pubblicamente il loro amore uscendo insieme per la prima volta.
Durante i festeggiamenti viene collocata, nel campanile a vela della chiesetta, una piccola campana in bronzo, risalente al 1388, che tutti i fedeli possono suonare liberamente, tirando la cordicella a cui è collegata.
Tradizione caratteristica è la gara del tiro al piatto, Sparai a su caboni, chiamata così proprio poiché, al posto dell’attuale piatto piazzato a circa 70 metri di distanza sulla collina a sud della chiesetta, fino a metà del secolo scorso, il bersaglio era proprio un gallo vivo.
Si ipotizza che la sua origine risalga ad alcuni secoli addietro: i festeggiamenti religiosi erano diventati occasione propizia per scorribande di predoni e banditi e i partecipanti, disarmati, diventavano facili prede. Venne introdotta una scorta armata che accompagnava il simulacro del Santo e proteggeva i partecipanti.
FONTI:
Gonnos e dintorni – Enrico Casti – 2002 – Edizioni Isola Mediterranea
Gonnosfanadiga Pievi di campagna – Mario Concas – 2013 – Edizioni G&M arti grafiche
Materiale inedito
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Santa Severa’s church and its fest.
Santa Severa’s country Church, probably built during Byzantine, is the only one accessible and open to the cult than the other in our territory built in the past.
A few meters from it, during the realisation work of the new municipal aqueduct, in 1950s, were found some tombs of a Roman necropolis.
Near the country road, which leads to a ford of the river Rio Piras, you can find a big rock in which, according to an ancient local legend, are situated the footprints of the Saint, came from the heaven, with the prints of his dog, his horse, and a trace of her chain.
According to a study in 2000 (G. Cavallo), the original structure would go back to the second half of the seventh century. According to this opinion, the church was initially a Greek cross, with four equal arms and has undergone, during its existence, various interventions, and modifications changed it, until the builder of Latin cross plant.
In the second half of 1700 the church was decadent. The Mons. Pilo’s edict predicted the abatement of all country church in state of neglect, this because they became shelters of bandits and forgers. The Gonnosfanadiga population was very devoted to Santa Severa, they worked hard to give it a properly restoration, also safeguarding the celebration of the saint.
In the second half of 1800 since the started of 1900, religion celebration in honour of Santa Severa was divided into 3 parts: the principal fest was the day after Easter, know as the Angel’s Monday. After that, they celebrated in July and November.
According to a legend, the oldest wooden statue of the Saint could not be moved from its niche on the altar, as this would cause rain and floods. For this reason, since 1938, they used another statue, kept in the church of Santa Barbara. The wigs, clothes and ornaments were kept, during the rest of the year, in the house of the family of the notary Francesco Porru- this place is known as “Popoli Fratelli”, in Fontana Street. –
From 1938, in Saint procession was used a new simulacrum, kept in the Church of the Sacred Heart, donated by Mr Buzzo, the holder of the mining permits of Perda de Pibera. The altar was painted in the second half of the 19th century with scenes of martyrdom, and restored in 2006, as was the sculpture.
Santa Severa’s fest was a great occasion, until a few decades ago, to do the bogai sa coja a craru, this means sweethearts declared to everyone their love by dating for the first time. During the festivity, a 1388 little bronze bell, collocated in the bell tower of the church, all the faithful can play freely, pulling the string to which it is connected.
Characteristic tradition is the shooting at the plate race, the real tradition’s name was Sparai a su caboni because was used a live rooster, used until the middle of the last century, instead of the current plate placed about 70 meters away on the hill south of the church,
We suggest that its origin went back to a few centuries ago: religious celebrations became a propitious occasion for raiders, bandits, and participants, disarmed, becoming easy prey. An armed protection was introduced to accompany the simulacrum of the Saint and protected the participants.
Tradotto da/Translated by Martina Sardu
Sources:
Gonnos e dintorni – Enrico Casti – 2002 – Edizioni Isola Mediterranea
Gonnosfanadiga Pievi di campagna – Mario Concas – 2013 – Edizioni G&M arti grafiche
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