Esistono persone appassionate di natura e paesaggi e persone simpatizzanti per la natura e per i segreti che essa nasconde o che noi dimentichiamo. Segreti sono, ad esempio, i resti delle miniere presenti nella Costa Verde, in territorio arburese, per come questi sono stati inglobati e riconquistati dalla natura. Ciò mostra come l’uomo abbia conquistato determinati territori e come la natura abbia deciso, in seguito ad abbandono, di riprendersi certi spazi creando paesaggi suggestivi e misteriosi, immersi nella macchia mediterranea.
Ma ora basta filosofeggiare. Parliamo di cose serie. Parliamo di un gruppo di persone, o meglio, di amici che decidono di andare a visitare questi luoghi. Diciamo che sono una via di mezzo tra appassionati e simpatizzanti, ma possiamo definirli ancora meglio come degli avventurieri per l’ignoto. L’importante è andare.
Bene, decidono che domenica 30 Gennaio 2022 avrebbero visitato i resti delle miniere di Scivu. Sì, Scivu! Perché, per chi non lo sapesse, in località Gennamari, ci sono i resti di un villaggio e più in là dei ruderi minerari. Pure lì! Io schockobasito quanto voi.
Il punto di partenza alle 9:30 è il piazzale della Fiera Mercato, in paese, ma tra gente che sparisce e acquisti di pizzette dal panificio Porta si sono fatte le 10:30. Il gruppo di amici finalmente riesce a mettersi in marcia. Nel Pandino troviamo Sabrina, Giacomo e Cixiri, il cane, anche detto Il Cece; mentre nel fuoristrada abbiamo Silvia, Marta, Antonio, Matteo e le fedeli setter inglesi Zara e Mira.
Parcheggiate le macchine, subito dopo lo svincolo per la spiaggia di Scivu, vicino ai primi casolari dismessi che si incontrano lungo il tragitto (sulla sinistra), il nostro intrepido gruppo parte alla scoperta della natura selvaggio con l’obiettivo di arrivare al mare per l’ora di pranzo. Illusi.
La visuale dalla collina non stanca mai, nonostante quell’immagine tu la conosca da anni, e hai percorso quella strada anche l’estate scorsa sotto il caldo sole d’agosto. Osservi il blu del mare, che si perde lungo l’orizzonte diventando un tutt’uno con il cielo, il verde delle chiome che ondeggiano libere mosse dal vento, ma ad un tratto vedi qualcosa di nuovo, delle piccole case dismesse che hai sempre notato ma che mai avevi pensato di visitare.
Il sentiero si trova a destra della strada asfaltata. Si snoda su una strada bianca, forse una vecchia strada mineraria per il trasporto dei minerali o dei lavoratori tra i diversi siti. Percorsi i primi km si arriva in prossimità di un pozzo per l’estrazione del minerale, primo pitstop della giornata. Il complesso viene osservato, contemplato e ispezionato. Avete presente Pozzo Gal di Ingurtosu o Pozzo Sanna di Montevecchio? Ecco, così ma più piccolo. Nel caso non li conosciate andate a visitarli perché meritano. Il primo è a pagamento, il secondo è abbandonato: ottimo per gli appassionati di urbex.
Dopo un selfie ricordo la gang riparte alla scoperta di altri siti abbandonati, salta all’occhio una vecchia casa. Riporta il numero 14 su una facciata. Per imponenza, poteva essere la casa di qualche figura importate. Negli anni è stata vandalizzata: le travi in legno del soppalco sono state portate via così come il camino ed il set di piatti (ne abbiamo trovato traccia. Era pure un bel corredo!).
Tutto procede bene fino a quando i nostri finti pellegrini trovano un cartello: DIVIETO DI ACCESSO INIZIO ZONA PENITENZIARIA. Ma questo non li scoraggia. Vogliono arrivare al mare, alla spiaggia, a Scivu. Così, un po’ titubanti sul da farsi, decidono di continuare l’avventura con la speranza di non essere arrestati. Esatto. Arrestati. Perché quello che i nostri amici nenni non avevano notato è che stessero percorrendo la strada che li avrebbe condotti direttamente alla colonia penale di Bau. Tra una battuta e l’altra e qualche osso di capra di troppo (Cixiri ne sa qualcosa) finalmente i nostri eroi arrivano a una strada asfaltata. Sono le 13 circa, il mare sembra lontano e la fame li assale. Cosi, amareggiati, optano per cercare un luogo per mangiare al riparo dal vento ma esposto al sole.
A un certo punto, in lontananza, si sentono degli spari, Normale evento se consideriamo che è una domenica di gennaio e la caccia grossa è ancora aperta. Ma quello che i nostri amici non sanno è che la battuta di caccia si trova a pochi metri da loro. Bel casino vero? Soprattutto dopo che Antonio (si io) ha tranquillizzato il gruppo dicendo che in prossimità del carcere la caccia è vietata perché ci si trova in zona penitenziaria.
Beh, ciò che non aveva messo in conto il nostro Antonio è che aveva detto una cazzata. Infatti, i nostri camminatori dal ventre appesantito, lungo la via del ritorno si trovarono d’improvviso in mezzo ad una posta di caccia al cinghiale.
Parte il momento di disperazione: che fare? Continuare o no il tragitto? Peccato che se non proseguiamo il sole cala e poi come ci torniamo a casa? PANICO. Okay okay, stiamo esagerando.
Morale della favola: i nostri amici decidono di “affrontare” i cacciatori. A faci manna e con passo svelto superano tutte le poste raggiungendo in brevissimo tempo Casa 14.
Prendono un po’ di fiato. Sono salvi.
PEW PEW (spari di fucile). Okay, non lo sono ancora.
Fu così che i nostri avventurieri durante tutto il tragitto del rientro incontrarono cacciatori ovunque, troppi anche, ma è domenica e l’uomo eterosessuale, maschio alfa, senza caccia non vive.
Finalmente alle auto. Ora il nostro gruppo di amici è salvo, pausa pipì e si torna in bidda, a Gonnos, a casa.
Questa avventura ha insegnato loro che se vuoi fare gitarelle in inverno, uscire la domenica non è l’ideale e che è meglio avere sempre un percorso segnato. Ma secondo voi loro hanno imparato la lezione?!
Beh, se leggerete qualcos’altro, scritto da me, su disavventure del genere, allora state tranquilli che no, non hanno capito nulla, se non quanto sia bello stare tra amici e passare una bella giornata insieme.