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Abbiamo il dovere di fare Memoria

“Ogni guerra ha una costante: il 90% delle vittime sono civili, persone che non hanno mai imbracciato un fucile. Che non sanno neanche perché gli arriva in testa una bomba. Le guerre vengono dichiarate dai ricchi e potenti che poi ci mandano a morire i figli dei poveri”.

– Gino Strada –

La situazione in Ucraina ha suscitato in noi una riflessione, che speriamo possa portare all’apertura di un dibattito e ad azioni concrete, anche a livello locale, sull’importanza di fare memoria.

Ormai è noto a tutti che nella notte fra il 23 e il 24 Febbraio il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha dato il via a un’operazione militare speciale, nei fatti un attacco totale. Le bombe stanno infatti colpendo tutto il territorio ucraino: truppe di terra sono penetrate da  Nord (Bielorussia) e Sud (Crimea), e sono in corso attacchi nei porti strategici di Mariupol e Odessa, oltre che nelle principali città del Paese. Anche la capitale Kiev è ormai pienamente sotto attacco.

La crisi russo-ucraina inizia nel 2014 e culmina con l’annessione della Crimea alla Russia. Il successivo conflitto nel Donbass e il palesarsi della volontà del Paese di entrare nella NATO (con conseguente avvicinamento all’Unione Europea e agli Stati Uniti) hanno fornito il pretesto per procedere all’aggressione.

Ora come allora, sono i civili le vere vittime di questo conflitto: negli scontri del 2014 hanno infatti perso la vita almeno 82 persone, 13000 sono i morti provocati sino ad ora dal protrarsi del conflitto nel Donbass, mentre i morti provocati dagli scontri attuali ammontano già a diverse centinaia.

Cagliari, 26.02.22: manifestazione per la pace in Ucraina
(fonte: sardegnalive.net)

79 anni fa, noi gonnesi, per primi, ci siamo trovati di fronte a un evento altrettanto tragico per la popolazione civile, consumatosi il 17 Febbraio 1943. Quel giorno viene spesso raccontato così: intorno alle 15:00 di un pomeriggio soleggiato e tranquillo il cielo fu invaso da 9 bombardieri statunitensi, i quali, sorvolando il paese, rilasciarono su di esso il loro carico di morte. L’attacco, compiuto seguendo una traiettoria nord-sud, si è concentrato su due direttrici principali, corrispondenti alle vie Porru Bonelli e Guglielmo Marconi, punti centrali del paese. La strage si consumò in pochi minuti: numerosissime le vittime e i feriti in via Porru Bonelli, così come numerose le persone che trovarono la morte nelle proprie case, duramente danneggiate dallo spezzonamento, i cui effetti sono ancora visibili in alcuni edifici.

Via Marconi, cancello di un’abitazione colpito dai bombardamenti (foto di Matteo Liscia)

Si tratta certamente di due luoghi, due contesti e due periodi storici lontani e differenti fra loro, ma a farci riflettere è stato ciò che li accomuna: il coinvolgimento e la sofferenza della popolazione civile.

Ogni 17 Febbraio Gonnosfanadiga commemora le proprie vittime civili. Eppure dovremmo riconoscere che via via, come comunità, partecipiamo sempre in minor numero a questa giornata.

Le vittime del 17 Febbraio meriterebbero, ad esempio, che finalmente si arrivasse a dichiarare, una volta per tutte, il loro numero esatto, per non sentire più cifre arrotondate per eccesso o per difetto o definite da un generico “numerosissime”. Dietro quei numeri imprecisi ci sono puntuali vite perdute e altrettante famiglie in lutto.

Pubblicazione a cura di Rita Maria Cristina Concas.
Comune di Gonnosfanadiga, 2013

Nel 2013, in occasione del Settantesimo anniversario del 17 febbraio 1943, uscì una breve pubblicazione del Comune di Gonnosfanadiga a cura dell’allora assessora alla cultura Rita Maria Cristina Concas (reperibile presso la nostra biblioteca comunale). I risultati della ricerca, tra i documenti dell’Archivio storico e fotografico del nostro comune, avevano portato alla definizione di un elenco dei nomi delle vittime, 96, e dei feriti, 92, ripulito da errori di trascrizione e conteggio, dovuti alla confusione disperata di quei giorni.

Ripartire da quella ricerca, ma soprattutto dalle fonti archivistiche, renderle fruibili; restituire alle vittime i loro nomi e di conseguenza scandirne il numero; continuare a studiare, ascoltare chi c’era e si è salvato, ascoltare chi ha conosciuto i racconti di chi si è salvato e non c’è più; elaborare una mappa dei luoghi del bombardamento, renderli riconoscibili per chi ci passa attraverso, perché ci si faccia sempre caso; creare empatia attivando un legame con il contemporaneo attraverso il racconto delle storie personali, avere cura dei dettagli che ci avvicinano a quelle storie; frugare tra gli articoli, tra le pagine e i lavori di chi, nel corso del tempo, ha scritto e raccolto testimonianze per fare memoria, seppur frammentaria. Tra gli altri Mons. Severino Tomasi, Enrico Casti, Giuliana Zurru, Giovanni Avanti, il Circolo culturale Incontri, più di recente Marilena Colombu…

Monumento ai caduti del 17 Febbraio 1943.
In primo piano le testimonianze del progetto RurAbility
(foto di Chiara Laino)

Questo è ciò che potremmo fare. Come comunità. Con la spinta propulsiva e il contributo concreto, di indirizzo ed economico, dell’amministrazione locale, con il coinvolgimento diretto dei concittadini, delle scuole, delle associazioni, con il supporto scientifico dell’Università, di ricercatori e studenti.

E finalmente, ricomporre e rendere accessibile in una “Casa della Memoria”, un unico punto d’accesso, di interazione e dialogo, virtuale e/o fisico, tutto questo prezioso patrimonio di storia che ci appartiene e che dobbiamo sentire vivo. Anche alla luce dell’oggi.

Perché fare memoria, interagire con la memoria, farne un’attività dinamica e continua, ci può aiutare a superare quella che Liliana Segre descrive come la “ragione del male”, l’indifferenza che ci vede apatici di fronte a qualsiasi violenza che pensiamo non ci tocchi, per la quale siamo, di conseguenza, violenti noi stessi.

Ripartiamo dalla memoria, per non restare inermi di fronte all’assurdità di un conflitto in Europa nel 2022, in cui “cadono bombe in testa a qualcuno che nemmeno sa bene il perché”. Ripartiamo dalla memoria, per rispetto delle nostre vittime. Perché tenere viva la memoria del 17 Febbraio, farne fonte di dialogo, è un atto politico di condanna alla guerra, è resistenza non violenta anche alla guerra di oggi.

di Sabrina Tomasi e Mario Marongiu